GOD SAVE MY SHOES
Penso che la danza e la scrittura abbiano molto in comune. Entrambe partono da uno spazio vuoto e da una forte spinta iniziale; da un carattere e da uno stile. Il mio scrivere è un gesto necessario che ha radici in comune con la danza che pratico da quasi quarant’anni. I racconti brevi e brevissimi (anche di una sola pagina) hanno il valore che ha la pausa in musica o sulla scena. Mai mancanza, mai grumo, la mia pausa si ferma solo per cambiare il passo, come un maratoneta dopo la sosta al punto di ristoro. Nella danza come nella scrittura mi fermo spesso per cercare il silenzio necessario a rinnovare il gesto. La pagina bianca non è poi così diversa dal palcoscenico vuoto visto dalle quinte. La materia di queste “pagine sceniche” è solo a tratti autobiografica. Le pagine escono dall’elaborazione di un fatto veramente accaduto o solo immaginato, da un ricordo, da un sogno; il tutto tagliato e imbastito lì per lì sulla pagina che sto scrivendo. Lo stesso percorso che compio quando sono in scena. La danza è la mia calligrafia, un personalissimo gesto sulla pagina della scena. I miei racconti sono l’inchiostro.
CTL Editore Livorno